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Musicante o Musicista?

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Il Giornale della Musica

Gennaio 2006 – Edizione n° 30

Due termini che creano a volte contrasti e discussioni

Sono nate a volte delle discussioni in merito al termine “Musicante” in quanto, secondo alcuni, sarebbe riduttivo o addirittura offensivo rispetto al termine “Musicista”, ritenuto più nobile e rispettoso.
Pensando a questo mi è venuto alla mente un parallelismo con due termini che a volte vengono confusi: “Bancario” e “Banchiere”.
In fondo le diversità, fatti salvi i rispettivi ambiti operativi, sono simili.
Il Bancario è l’impiegato, l’esecutore materiale delle operazioni inerenti la sua specialità. Il suo lavoro è per lo più meccanico e non entra nel merito della bontà delle operazioni che la “sua” Banca sviluppa.
Il Musicante, allo stesso modo, esegue il più delle volte meccanicamente quello che gli viene presentato nello spartito. Raramente suonando si rende conto del “gioco” armonico che la sua parte ha nei confronti delle altre. Egli si preoccupa solo che la sua venga eseguita bene o anche benissimo.
Ci possono essere Musicanti bravi e bravissimi (come per gli impiegati della Banca) ma non per questo uno di loro diventa automaticamente Musicista o Banchiere.
In entrambi i rami per ottenere questo passaggio ci vuole altro!
Detto ciò, bisogna giustamente riconoscere che entrambe le figure sono importantissime ed è quindi fuori luogo considerare il termine “Musicante” come qualcosa di riduttivo o spregiativo.
Lo stesso dizionario “Zingarelli” alla voce “Musicante” indica: “Chi esegue musica; angeli musicanti. Chi suona in una Banda”.
E il Musicista allora chi è?
Il Musicista ( come nel caso del Banchiere) è il ”padrone”. In questo caso egli è il padrone della musica, nel senso che padroneggia la composizione; leggendo quei segni che noi chiamiamo note, comprende il significato del brano e ne dà la sua giusta interpretazione.
Non sente solo la parte che sta eseguendo ma l’insieme delle parti che compongono il brano, ottenendo cosi una esecuzione corretta.
Entra nel merito della composizione comprendendo e valutando i passaggi armonici (con grande vantaggio per l’intonazione) e a volte è lui stesso compositore.
Come si fa a diventare “Musicisti”?
Molto semplice: si studia. Molto, moltissimo!
Naturalmente dando per scontato che la persona abbia il senso innato della musica.
A questo proposito mi viene in mente il dialogo fra una signora e il compositore ungherese Zoltan Kodàly (famoso il suo “Metodo Kodàly” per l’insegnamento della musica nell’età dell’infanzia).
La mamma voleva sapere qual è l’età più opportuna per un bambino perché cominci ad avvicinarsi alla musica.
Il Maestro pensò un attimo e rispose: “Nove mesi prima della nascita. Anzi, nove mesi prima della nascita … della madre”.

Semplice no?

Claudio Calderari

 


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Curiosità: I nomi delle note

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Il Giornale della Musica

Giugno 2002 – Edizione n° 16

La notazione attuale risale all’anno Mille

Le sillabe Do, Re, Mi, ecc. con cui indichiamo i sette suoni principali della nostra scala hanno un’origine ben precisa: esse non furono scelte a caso, ma vennero introdotte poco dopo l’anno Mille dal monaco benedettino Guido d’Arezzo (991 ca. – 1045 ca.), che fu un importante studioso ed insegnante di musica.
In particolare egli si accorse, e fece osservare in una lettera ad un monaco amico, che in un inno latino in onore di San Giovanni ogni metà verso iniziava con uno dei primi sei suoni della scala.
In altre parole la sillaba Ut corrispondeva al suono che noi oggi chiamiamo Do, la sillaba Re di «resonare» al suono che noi oggi chiamiamo appunto Re, la sillaba Mi di «mira» al Mi, ecc.; l’uso di queste sillabe, che vennero presto chiamate «guidoniane», permetteva agli scolari ed ai cantori un più facile apprendimento della musica.
Più tardi poi, lungo il 1500 ed il 1600, la sillaba Ut venne sostituita per motivi di pronuncia da Do, anche per iniziativa del teorico Giovan Battista Doni (1595-1645), che si servì appunto della sillaba con cui iniziava il suo cognome. La sillaba Ut tuttavia non scomparve del tutto, ma continuò e continua a venire utilizzata in Francia e nei paesi di lingua francese.
A sua volta per la settima nota si adoperò, a partire dal 1650 circa, la sillaba Si dalle iniziali delle parole «Sancte Johannes». In precedenza per tale nota si usava la lettera B in quanto, prima dell’introduzione delle sillabe di Guido d’Arezzo, tutte le note erano indicate con lettere; in particolare si aveva questa corrispondenza:

A=LA – B=SI – C=DO

D=RE – E=MI – F=FA

G=SOL

Tali lettere sono ancora oggi utilizzate nei paesi di lingua tedesca ed inglese come Germania, Austria, Gran Bretagna e Stati Uniti.
Nei paesi di lingua tedesca si è giunti ad usare per il Si la lettera H, mentre la lettera B è passata ad indicare il nostro SI bemolle.

 


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